La complessità come valore, anche in medicina

Il valore della complessità in medicina

La salute e la malattia sono determinate dall’interazione dinamica e quasi sempre non prevedibile tra componenti biologiche, ambientali e relazionali. Anche piccoli cambiamenti dello stile di vita, della qualità delle relazioni, della percezione di sé o dell’ambiente circostante possono generare effetti profondi. Provate a pensare a come un periodo di difficoltà a livello emotivo o relazionale spesso si rifletta anche nella comparsa o nel peggioramento di un disturbo a livello fisico, oppure a chi sta bene tutto l’anno e si ammala sempre ogni volta che iniziano le vacanze.

Non sarebbe possibile spiegare questi e molti altri fenomeni considerando solo il corpo o, peggio ancora, l’organo a livello del quale si manifesta il problema.

Il sistema persona come sistema complesso

Questo accade perchè il sistema persona è un chiaro esempio di sistema complesso: con sistema complesso adattivo si intende un instabile aggregato di agenti e connessioni, auto-organizzati per garantirsi l'adattamento. Il sistema emerge nel tempo in forma coerente, si adatta ed organizza senza una qualche entità singolare atta a gestirlo o controllarlo deliberatamente. L'adattamento è raggiunto mediante la costante ridefinizione del rapporto tra il sistema e il suo ambiente. I sistemi complessi adattativi si muovono in paesaggi adattabili, elastici, in continua deformazione per l'azione congiunta dei sistemi stessi, di altri sistemi e di elementi esogeni (Kauffman 1993, Holland 1995)

Un sistema complesso ha tre caratteristiche principali:

  • È formato da un numero di agenti eterogenei dotati di possibilità di agire sulla base di input in continuo cambiamento

  • Gli agenti interagiscono tra loro e con i sistemi esterni

  • L’intero è più della somma delle parti

Ecco perchè non è possibile comprendere l’intero guardando individualmente le sue parti o astraendolo dall’ambiente in cui si trova e con cui scambia costantemente informazioni.

Affascinante e difficile allo stesso tempo, vero? La complessità attrae gli entusiasti, coloro che il professor R. Pausch definì in un celebre discorso “hungry e foolish”, attrae chi non teme di scandagliare l’abisso, di sezionare l’atomo per poi scoprire che l’unità fondamentale della materia non è materia, ma energia in movimento, chi non ha paura di mettere in discussione il suo punto di vista.

Purtroppo la nostra società rifugge la complessità, cerca di comprimerla in reel di pochi minuti, liste come “Le 3 cose che devi sapere per…”, “ I 5 libri fondamentali per imparare a..”, in riassunti che provano a sintetizzare in poche parole i contenuti di un saggio lungo e complesso, dimenticando che i concetti hanno bisogno di essere interiorizzati e compresi a fondo per trasformarsi in qualcosa di diverso dal puro nozionismo e arricchire davvero chi li incontra.

Linee guida e personalizzazione

Anche in medicina la complessità spaventa: non la si può imparare in 6 anni di università e forse neppure in una vita, ma la si può accogliere invitandola a sedersi accanto a medico e paziente, in uno spazio definito dal rispetto per la storia unica e irripetibile di ogni individuo.

Durante il periodo di studi linee guida e protocolli di trattamento sono stati fari nella notte. Rispondono al bisogno di standardizzare la pratica medica tracciando dei confini e definendo livelli di evidenza di un intervento in termini di efficacia e sicurezza. Sono fondamentali in emergenza-urgenza (penso ai protocolli ATLS, ACLS, cruciali per massimizzare le possibilità di sopravvivenza del paziente critico) e quando di considerano i grandi numeri in termini di sanità pubblica. Sono uno strumento per trovare un denominatore comune all’enorme eterogeneicità dei contesti geografici, sociali, ambientali e organizzativi in cui ha luogo la cura. Al di fuori di questi ambiti, però, possono avere derive controproducenti, come l’utilizzo in medicina “difensiva” e la depersonalizzazione della cura.

Se è vero che il sistema sanitario deve ragionare con i grandi numeri e fare della statistica la base legittima su cui elaborare le strategie di intervento più efficaci e meno dannose possibile per la maggior parte della popolazione, credo sia altrettanto doveroso che il singolo non dimentichi la complessità.

Ecco perchè, al di fuori di contesti precisi e limitati, l’alleanza terapeutica non è riducibile all’applicazione di un rigido algoritmo. Le linee guida sono solo uno degli strumenti a nostra disposizione. Alla base di ogni sintomo c’è una storia unica, fatta di esperienze, di scelte, di emozioni e della loro espressione a livello corporeo.

Un esempio pratico: il rischio cardiovascolare

Prendiamo ad esempio il rischio cardiovascolare: ci sono dei calcolatori che determinano la probabilità di ammalarsi di una patologia cardiovascolare sulla base di valori di pressione arteriosa, profilo lipidico, età e utilizzo di sigarette. Sono utili, ma il numero che si ricava non tiene conto di moltissime altre variabili, spesso difficilmente misurabili e quantificabili: grado di infiammazione, carico di stress, qualità dell’alimentazione, qualità del sonno, stress ossidativo, fattori ambientali, benessere psicologico etc. Nessun calcolatore può determinare il loro reale peso sullo stato di salute/malattia del singolo individuo e nessuna intelligenza artificiale ha la capacità di raccogliere tutte queste informazioni e offrire una strategia di prevenzione e cura personalizzata. Ecco perchè trattamenti personalizzati in cui vengono considerate e affrontate più variabili possibili, monitorando nel tempo l’adattamento a una realtà in continuo cambiamento possono essere il punto di forza per fare prevenzione e curare. Non è affatto semplice perchè servono tempo, partecipazione attiva e formazione continua, ma è la strada migliore per ottenere risultatii.

Curare è accogliere e ridare valore alla complessità.

Fonti:

  • Kauffman S., 1993, The Origins of Order. Self-Organization and Selection in Evolution, Oxford University Press

  • Holland J.H., 1995, Hidden Order. How Adaptation Builds Complexity, Perseus Books, Massachusetts

  • Randy Pausch, L’ultima lezione. Rizzoli 2009

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